Gli educatori dell'Unità Alzheimer dove ogni giovedì vado a fare musicoterapia erano ancora in ferie; così, trovandomi a metà strada, ho proseguito il tragitto verso la città dove ho lavorato quest'inverno.



Invece che percorrere quel budello pericolosissimo e in forte pendenza a 130 all'ora, come facevo per non arrivare (troppo) in ritardo, ho mantenuto una velocità di crociera di 80km/h. Così quel tratto tra gli ulivi che mi sembrava tanto cupo e spettrale, mi è sembrato il saluto della campagna ubertosa, e i muretti a secco, talvolta coperti di neve, ora splendevano al sole come bianchi sorrisi della terra.



Ho rivisto il Duomo dopo più di vent'anni, ho bevuto ad una fontanella, ho gustato un caffè nel solito bar, ma senza fretta e senza dovermi stringere nella sciarpa per proteggere la gola martoriata. Mi sono ri-impadronito di quella città, sebbene non bellissima, ma di sicuro fascino. E' l'ultimo regalo che dovevo a me stesso per chiudere definitivamente i conti con quell'esperienza disastrosa.