L'insostenibile peso della conoscenza AKA Spokkioso dimmerda

Ho appena detto ai miei amici che, se avessi potuto scegliere, a 13-14 anni sarei andato a lavorare piuttosto che ridurmi così, ad attendere invano che qualcosa cambi nella mia vita oppure nel mondo.
Mi hanno guardato schifati, come se fossi un alieno, e tra qualche rimprovero e qualche scusa abbozzata, io ho continuato a pensarla così. Ecchissenefrega.

Cioè, veramente, mi sono stancato di essere sempre quello che sa tutto, che capisce tutto, che ascolta e dà consigli buoni (regolarmente inattuati, ma in genere chi chiede consigli è perché vuole una scusa per non applicarli). Sono stanco di essere fonte di conoscenza, e di dover continuamente attingere ad altre sorgenti per non essiccarmi, per non perdere smalto, per non essere più quello "buono". Quando va bene. Perché quando questa mia dote viene male interpretata (dalla maggioranza delle persone, savasandìr), io sono il solito spokkioso dimmerda, il saputello, quello che rovina i giochi perché non c'è gusto con lui...

E quindi, al passaggio nel mio trentottesimo anno, tra qualche giorno, vorrei essere un po' più leggero dentro, con meno zavorra e meno profondo, con un po' di quella sana scemitudine (qualche fine linguista altrettanto spokkioso dimmerda potrebbe chiamarla ignavia) tipicamente adolescenziale che ti fa guardare il manicure fatto bene, in una graziosa mano che indica la luna.