Capita, a volte (ma solo a volte), che gli incontri fatti durante il giorno siano così illuminanti da rendere più leggere quelle ore.
Capita, ad esempio, che un ragazzino che tenevo in classe alla scuola comunale - ormai venticinquenne - mi riconosca e mi saluti con affetto.
Capita che un tipo tanto bello da sembrare stupido mi chieda aiuto e poi mi si affezioni come farebbe con un vecchio amico.
Capita che incontri dei colleghi animatori e che, per prima cosa, mi sbattano in braccio il loro figlio primogenito finché loro non si sistemano in pizzeria.
Capita che, dopo numerosi tentativi infruttuosi, io riesca a contattare un conoscente dopo diversi mesi e che lui e la sua famiglia mi accolgano come uno di casa.
Capita che una mia corista mi abbracci forte e mi sbaciucchi dicendomi: "Quanto mi mancano quei bei tempi!".
Capita che molti miei clienti della mia vecchia zona mi ricordino con simpatia e mi salutino con slancio.

Istanti che val la pena vivere, che cancellano per qualche attimo l'illusione di questa vita inutile.
Il guaio è che durano troppo poco. E il guaio più grande è la costante tentazione di smettere di cercarli.