Lo copio integralmente da qui perché non avrei saputo scriverlo meglio! E spero che se dovessero acchiapparli, sti bastardi, gli inquirenti li lascino in una stanzetta nuda con i familiari della vittima e degli altri per una mezz'oretta...








Nullità umana


di MICHELE SERRA





Ci costa un'enorme fatica cercare di ricostruire il percorso mentale di un giovane kamikaze, l'allucinato fanatismo "religioso" che lo porta a morire e far morire, a disporre della vita altrui come materiale di scarto. Ma scaricare un sasso di 40 chili su un'autostrada, usare persone sconosciute come birilli, e poi scappare nella notte vigliacca a rintanarsi con gli amici in qualche baretto o stanzetta dove far decantare l'adrenalina e la birra: forse è perfino più faticoso e più doloroso immaginarlo, questo mostruoso deragliamento del cervello, senza mezzo alibi, mezzo movente, mezza spiegazione. Ci sono parolette rituali - la noia, il vuoto ottundente, la stupidità che si mangia come un tumore quel poco di testa - alle quali ci si aggrappa come per dare uno straccio di senso perfino al nulla omicida.





Ma un attentato di ignoti contro ignoti, per quanto lo si giri e rigiri tra i pensieri alla ricerca di un bandolo, resta la rappresentazione secca di una nullità umana perfino più raccapricciante dell'odio terrorista. E aggravata, se possibile, dalla viltà orrenda della mano che lancia il sasso e poi si nasconde, miserabile e anonima, quasi la firma involontaria di vite miserabili e anonime, stanche ronde serali tra localini e tangenziali.





Nei casi precedenti le indagini hanno aperto uno squarcio desolante su queste giovinezze senza efferatezza, strascicate in una normalità senza presagi di male o di bene, culminata in piccole "sfide" di canaglieria notturna per fare impressione alle ragazze. Uno scenario così insulso e rassegnatamente mediocre da non parere diverso dalle tante uguali derive di ragazzi parcheggiati ai margini della vita (ma non della società), eppure capace d'uccidere nel più gratuito e pazzesco dei modi uno che passa per caso.





La sassata del cavalcavia è una orrenda parodia, alla nostra maniera cinica e sfinita, della mano di Dio, con perfetti cretini che decidono, una notte qualunque, di incarnare il destino, di dare morte, di spezzare come sanno e come possono un viaggio di nozze, una vacanza, una visita di lavoro, e diventano per altre persone, per famiglie intere, per innamorati ignari, per i milioni di noi che guardano il cruscotto illuminato e pensano ai casi loro, il sicario imprevisto, la fine impossibile da concepire. Non avendo orribili divinità carnefici da evocare, video di rivendicazione da lasciare, testamenti da scrivere, paradisi da incontrare, questi assassini per gioco accorciano orribilmente il percorso della superbia (che altrove richiede anni di sinistro studio, e sinistro zelo...), la concentrano nei pochi centimetri che separano la mano dal cervello, si nominano Dio per una notte, anzi per pochi secondi, e levano dalla Terra un innocente, così come da ragazzini si ammazzava per oziosa crudeltà una lucertola: per sentirsi potenti e liberi di esercitare una superiorità non dimostrabile altrimenti, se non con l'arbitrio e il piacere di usare violenza. Quella violenza che è sempre l'arma estrema dei mediocri e degli incapaci.





Se li prenderanno, e speriamo che li prendano presto, ci risparmino il penosissimo e inutile sforzo di interrogarci sul perché e il percome. Già li sappiamo, il perché e il percome: volersi sentire importanti o magari anche solo spiritosi essendo, nel cuore e nel cervello, degli zeri assoluti. E l'impossibilità di appendere la coscienza della propria nullità a qualche gancio ideologico o religioso, uno dei tanti ganci infetti che pure mobilitano, altrove, soldatini fanatici e devotissimi assassini. Qui niente, il pretesto non esiste, il gancio è appena la propria mano idiota e feroce, si dà morte per caso dopo essere vissuti per caso. Ci darebbe quasi sollievo sapere che uno di questi mostri da cavalcavia sia in grado di articolare anche mezza spiegazione di perché sta al mondo, e di perché ha tolto dal mondo un altro. Ma non illudiamoci. Le nostre madrasse sono i tavolini di un bar, dove si impara a fare il male senza neanche le parole per dirlo.