Uno dei koan più famosi è quello dell’oca che, ancora uovo, viene sistemata in una bottiglia; l’uovo si schiude, l’oca cresce e nel koan si chiede: “Come si fa a far uscire l’oca dalla bottiglia, senza rompere la bottiglia e senza uccidere l’oca?”.

Le risposte che possono scaturire dalla mente logica e razionale sono ridicole. Ad esempio, si potrebbe disquisire sul fatto che tagliando il fondo della bottiglia e poi riattaccandolo la bottiglia non sarebbe stata tecnicamente rotta.
Pensare in questo senso al koan è una perdita di tempo, così come è una perdita di tempo pensare al mistero della vita in termini logici.
Il senso del koan, per nostra esperienza, è riflettere così a fondo che non resta infine che arrendersi di fronte all’evidenza che non c’è risposta, che la logica da cui siamo governati non è poi così saggia, non sa rispondere.

Un koan non ha soluzione, non si può risolvere, al massimo si può dissolvere.
…La risposta più famosa che circola intorno al koan dell’oca, non aiuterà il neofita a salire sul piano di chi la diede (il maestro zen Nansen), se il neofita stesso non si porrà la domanda e non cercherà con tutto il suo essere di vivere la risposta.

La risposta che scardina completamente il senso del koan è: “L’oca è fuori”.

L’oca è fuori. Per anni il monaco zen si è chiesto come far uscire l’oca dalla bottiglia e la risposta è che l’oca è già fuori.
È facile quanto fuorviante etichettare tutto ciò semplicemente come un’assurdità, come un gioco per deficienti; in realtà il segreto della vita è celato in questo koan e nella sua risposta più famosa.
Se onestamente si prova a rispondere al koan, orientando la propria mente alla sua soluzione, anche solo per cinque minuti consecutivi, ci si ritrova con le spalle al muro, faccia a faccia con l’incapacità di risolvere un quesito in apparenza semplice. La mente si concentra e non trova risposta. Questo koan diventa temporaneamente la sua occupazione, la sua ricerca, la sua vita, la sua realtà… in gergo: una fissazione.
La risposta: “L’oca è fuori” non è solo un nonsense. È far uscire la mente da una realtà fittizia (da una fissazione), poco importa se creata appositamente.
L’oca è già fuori, e tu sei impegnato a trovare un modo per farla uscire.
È una metafora vivente: mentre si è impegnati a risolvere con la mente un quesito della mente, la risposta è che il quesito stesso non ha motivo di esistere.
Con un doppio salto logico mortale, possiamo addirittura considerare l’oca come la presupposta buddità del cultore zen, la sua illuminazione, che egli considera intrappolata nella mente e che tramite lo Zen si sforza di far uscire; e nello Zen riceve questo koan che gli rivela inaspettatamente che l’oca è già fuori, che lui è già perfetto, già illuminato.

Il monaco Panshan camminando al mercato vide alcune persone davanti ad un banco in procinto di comprare carne di un animale selvatico.
“Vorrei cinque libbre di carne scelta” Disse un cliente.
Il macellaio rispose compiaciuto:
“Di questo animale cosa non è un taglio scelto”.
Quando Pashan udì le parole del macellaio finalmente raggiunse l’illuminazione.
Pashan si rende conto che ogni cosa è perfetta così com’è. Anche lui.
A livello mentale, intellettuale, egli già lo sa, ma ancora non lo vive. Probabilmente sono anni che cerca una risposta ad una domanda che non esiste, poi all’improvviso si rende conto che tutto è un taglio scelto, che tutto è perfetto così com’è, ed ecco che raggiunge la tanto sospirata illuminazione e cioè un’accettazione totale e incondizionata di ciò che esiste.
Proprio come il macellaio che non si pone il problema di tagliare un pezzo di carne scelta perché: “Di questo animale cosa non è un taglio scelto”, così la risposta “l’oca è fuori” è un balzo dall’illusione (la costruzione del koan e la concentrazione della mente su di lui) alla realtà (non c’è nessuna oca nella bottiglia: l’oca è fuori).

L’ufficiale Riko una volta chiese a Nansen di fargli luce sull’antico problema dell’oca nella bottiglia:
“Se un uomo mette un pulcino d’oca in una bottiglia e lo nutre finché non è cresciuto, come potrà far uscire l’oca senza ucciderla o senza rompere la bottiglia?”
Nansen battè le mani con forza e urlò:
“Riko!!!”
“Sì maestro?” rispose Riko sobbalzando per la sorpresa.
“Vedi l’oca è fuori!” disse Nansen
Il momento in cui il maestro urla il nome del discepolo e batte la mani ricorda le modalità con cui l’ipnotista sveglia l’ipnotizzato da una trance. Nansen porta Riko nel presente, nel qui e ora, nella realtà. Fuori dalla fissazione del koan, fuori dall’ipnosi: nella realtà. L’oca è già fuori, non è mai stata dentro. Nella realtà non c’è nessun problema, è la mente che crea problemi e poi cerca di risolverli.

Un koan è un “problema” irrisolvibile che mette la mente con le spalle al muro, che ti costringe a vivere qui e ora, nella realtà.

da: Storia e storie di un'eresia chiamata Zen.
di Fabrizio Ponzetta