gennaio 24, 2011 gennaio 24, 2011
Ancora non ci credo!



Cinque giorni senza sentir parlare di calcio. Ritemprerò le mie orecchie e i miei due neuroni.
gennaio 12, 2011 gennaio 12, 2011
Delurking day (ché io sono uno alla moda!)



Giovani, fanciulli, cantori, donne, uomini, pervertiti, parcheggiatori abusivi, vecchie, bionde, bruni, ipertricotici, cuoche, divoratori di emozioni, ricchi, poveri e mezzani, e tutti gli altri normali ed anormali...



...se state leggendo, LASCIATE UN COMMENDO!







Sennò vi viene la diarrea a spruzzo e un brufolo sotto le palpebre!
gennaio 07, 2011 gennaio 07, 2011
Spinoza.it mi fa ridere



(Il mio primo post dell'anno è un'autocit.)




I format sono nocivi. Appiattiscono e sviliscono l’iniziativa personale e la creatività; raccolgono, sminuzzano, ricompongono le eccellenze fino a farle diventare omogeneizzate. Sì, proprio come le pappine delle quali non si riconoscono più gli ingredienti.



La commercializzazione è nociva. Dà cinicamente un prezzo a ciò che potrebbe tranquillamente continuare a non averne; regola artificiosamente l’accessibilità delle risorse a seconda del prezzo che si fissa per loro; riempie di messaggi indesiderati lo spazio – fisico, virtuale, televisivo – destinato alla risorsa.



La spettacolarizzazione è nociva. Devia l’attenzione del destinatario verso particolari scabrosi o negletti, quando questa dovrebbe essere indirizzata verso il nocciolo dell’oggetto in questione; provoca accanimento morboso nei confronti di piccole ed insignificanti informazioni di contorno, lasciando sfuggire le grandi potenzialità della risorsa; infine, provoca assuefazione e fa in modo che il destinatario chieda sempre di più e comprenda sempre meno.



Ora. Sia Berlusconi che Spinoza credo rientrino nello spettro della spettacolarizzazione, della commercializzazione e dell’assoggettamento ad un format, rispettivamente per la politica e per la satira e l’umorismo.

E’ importante però dire che il livello di nocività relativa dei due “offendenti” è completamente diverso. Berlusconi è il capo del Governo e con le sue scelte influenza in ogni momento il nostro stile di vita, la quotidianità, la dieta alla quale si sottopone il nostro portafogli. Spinoza… beh… basta non cliccare e non ci fa nulla. Per la serie: “se un albero in Amazzonia cade e noi non lo sentiamo, è mai esistito? è mai caduto?”.


dicembre 31, 2010 dicembre 31, 2010
Addio 2010



Fra poco porterai via i tuoi ultimi respiri, i tuoi ultimi secondi, mentre in Nuova Zelanda già non ci sei più da un pezzo e la gente dorme nel 2011.

Volando per non so dove, ti porti via il mio amico più caro, cacciato via dalla tua complice prediletta, la mia impulsività.

Porti via con te le tre cose alle quali più tenevo al mondo: il mio gruppo di amici, il mio coro e il mio gruppo di percussioni. Negli ultimi dieci giorni sei riuscito a metterti sulle spalle un peso così grande: 15 anni di amicizia, 8 anni di coro e 4 di percussioni.

Porti via anche i cinque chili che avevo perso e i quattro mesi senza sigarette, per non farmi sentire eccessivamente l'horror vacui. Lo so, lo fai per me.



Visto che vai via, e che non ti vedrò più, ti prego... prima di andartene definitivamente, accogli il mio sereno, cordiale e consapevole VAFFANCULO.



Amen.
dicembre 18, 2010 dicembre 18, 2010
Personalissimo Post sotto l'Albero 2010




Col naso in su




Per le strade di una grande città un bambino vaga da solo alla ricerca di un po’ di calore. Si avvicina il Natale e tutti si affrettano a comprare regali per i propri cari, giocattoli per i più piccoli, biglietti di auguri per i parenti lontani. Il bambino gioca con le nuvolette di fiato, soffia sulle mani e le risucchia, poi soffia ancora per scaldarsele, continuando a camminare in quella via piena di luci. Talvolta si perde nelle luminarie, conta le lampadine, di filo in filo si incanta ed inciampa nei piedi dei frettolosi passanti. I palazzi sono troppo alti, gli sarebbe piaciuto vedere anche qualche stella vera, per confrontarla con quelle elettriche nelle vetrine dei negozi. Ahmed gira per le strade col naso in su, cercando tra gli spicchi di cielo nero le stesse stelle del paese di suo padre, quelle mille stelle che parlano ai bimbi di dolci e calde notti. Inciampa in una mattonella sconnessa e cade; non piange, si rialza e ricomincia a camminare guardando in alto. Soffia ancora tra le mani, il calore effimero del fiato placa per qualche istante il freddo. Un fiocco di neve. Un altro. Ahmed segue con lo sguardo i fiocchi che, usciti da qualche buchetto del cielo nero, scendono lenti. Forse le stelle sono i buchetti dai quali escono i fiocchi. Forse sono piccoli pezzi di sole che cadono. Il bambino corre a bocca aperta per riuscire a mangiarne qualcuno, per riscaldarsi un po’. I fiocchi sono veramente tanti, pungono il viso, sono freddi, ma se solo riuscisse a mangiarne uno, sarebbe bellissimo. Se solo riuscisse a mangiarne uno, potrebbe sorgere il sole per riscaldare la terra. Ahmed salta e poi serra le labbra. Se solo riuscisse a mangiarne uno, fiumi di cioccolata fusa comincerebbero a inondare le strade.



Se solo riuscissi a mettere in fila quei sei numeri. SETTE. Potrei comprarmi una villa gigantesca in Sardegna, in riva al mare, con una dépendance per gli amici, che potrebbero venire a trovarmi quando vogliono. E, a bordo piscina, fare l’alba ogni notte e poi dormire tutto il giorno. Se solo riuscissi a mettere in fila quei sei numeri. VENTUNO. Mamma mia, farei il giro del mondo più volte, senza bagagli, senza pensieri, con le persone più care. Sarebbe festa tutto l’anno. Se solo riuscissi a mettere in fila quei sei numeri. CINQUANTUNO. Meglio che ora torni a casa, è tardi e la mamma avrà sicuramente già messo la pentola sul fuoco. Che bel giubbotto, proprio il colore che mi piace. Per Natale potrei regalarmelo. Chissà quanto costa. Trecentosessantanove euro. Ammazza. Se solo riuscissi a mettere in fila quei sei numeri. Sessantanove più tre. SETTANTADUE. Quante lampadine quest’anno, sono proprio deliziose. Due quattro sei otto dieci dodici. Il tram. La targa. 789. Se solo riuscissi a mettere in fila quei sei numeri.  Settantotto più nove. OTTANTASETTE. Quattordici sedici diciotto. Sarà l’ultimo dei sei numeri. Ventisei ventotto trenta. Ma vedi un po’ se devo stare col naso in su a contare le lampadine. Cinquantadue cinquantaquattro cinquantasei. Se solo riuscissi a mettere in fila quei sei numeri. Ottantadue ottantaquattro otta… MA CHE… BAMBINO, E GUARDA DOVE METTI I PIEDI! Ma guarda un po’ questo sbadato che guarda in aria! Ho perso il conto! MERDA!
dicembre 15, 2010 dicembre 15, 2010
L'unico post al mondo con il titolo alla fine.



Carota, uovo o caffè?



Una figlia si lamentava con suo padre circa la sua vita e di come le cose le risultavano tanto difficili. Non sapeva come fare per proseguire e credeva di darsi per vinta. Era stanca di lottare.



Suo padre, uno chef di cucina, la portò al suo posto di lavoro.

Lì riempì tre pentole con acqua e le pose sul fuoco. Quando l'acqua delle tre pentole stava bollendo, in una collocò carote, in un'altra collocò uova e nell'ultima collocò grani di caffè. Lasciò bollire l'acqua senza dire parola. La figlia aspettò impazientemente, domandandosi cosa stesse facendo il padre.

Dopo venti minuti egli spense il fuoco. Tirò fuori le carote e le collocò in una scodella. Tirò fuori le uova e le collocò in un altro piatto. Finalmente, colò il caffè e lo mise in un terzo recipiente. Guardando sua figlia, le chiese: "Cara figlia mia, carote, uova o caffè?



La fece avvicinare e le chiese che toccasse le carote: ella lo fece e notò che erano soffici. Le chiese quindi di prendere un uovo e di romperlo: mentre lo tirava fuori dal guscio, osservò l'uovo sodo. Poi le chiese che provasse il caffè, ed ella sorrise deliziata mentre godeva del suo ricco aroma. Umilmente la figlia domandò: "Cosa significa questo, padre?"



Egli le spiegò che i tre elementi avevano affrontato la stessa avversità, "l'acqua bollente", ma avevano reagito in maniera differente. La carota arrivò all'acqua forte, dura, superba; ma dopo avere passato per l'acqua, bollendo era diventata debole, facile da disfare. L'uovo era arrivato all'acqua fragile, il suo guscio fine proteggeva il suo interno molle, ma dopo essere stato in acqua, bollendo, il suo interno si era indurito. Invece, i grani di caffè, erano unici: dopo essere stati in acqua, bollendo, avevano cambiato l'acqua.

"Quale sei tu, figlia?", le chiese. "Quando l'avversità suona alla tua porta, come rispondi? Sei una carota che sembra forte, ma quando l'avversità ed il dolore ti toccano, diventi debole e perdi la tua forza? Sei un uovo che comincia con un cuore malleabile e buono di spirito, ma che dopo una morte, una separazione, un licenziamento, una pietra durante il tragitto diventa duro, rigido e impenetrabile? Con uno spirito ed un cuore indurito? O sei come un grano di caffè? Il caffè cambia l'acqua, l'elemento che gli causa dolore. Quando l'acqua arriva al punto di ebollizione, il caffè raggiunge il suo miglior sapore.

Se sei come il grano di caffè, quando le cose si mettono peggio, tu reagisci in forma positiva, senza lasciarti vincere, e fai sì che le cose che ti succedono migliorino, che esista sempre una luce che illumina la tua strada davanti all'avversità e quella della gente che ti circonda. Per questo motivo non mancare mai di diffondere la tua forza e la tua positività a chi ti circonda come il dolce aroma del caffè!".

Tu cosa sei? Carota, uovo o caffè?




Sono un uovo
dicembre 14, 2010 dicembre 14, 2010
Voglio scendere!



Voglio abbandonare questa vita, gli errori che ho fatto e che continuo a commettere. E' troppo per me, è troppo doloroso.

Come si può vivere con tanto dolore in corpo?
dicembre 09, 2010 dicembre 09, 2010
Ah, se solo sapessi com'è brutto non essere te.



Corollario:

Non ti ho mai amato, quindi non ti odierò; non ti ho mai abbracciato, quindi mai ti torturerò.
dicembre 06, 2010 dicembre 06, 2010
Punti di vista







Negli USA:

Un gruppo di uomini vestiti in viola festeggiano sorridenti la demolizione del vecchio stadio di football. Armati di detonatore, sono pronti a vivere un sogno: è il primo passo per la costruzione di un nuovo e più moderno stadio dove sostenere la squadra del cuore.



In Italia:

Un gruppo di uomini vestiti in viola festeggiano sorridenti la demolizione del vecchio stadio di calcio. Armati di detonatore, sono pronti a vivere un sogno: è il primo passo verso un appalto milionario per la costruzione di un nuovo e più moderno stadio dove giocherà una squadra qualunque, chissà quando, chissà se.